La presentazione del catalogo della mostra collettiva “Disobbedienze”, venerdì 21 agosto nel giardino del Museo Nori De Nobili di Trecastelli, con interventi delle massime autorità comunali, delle curatrici della mostra e di alcune voci del numeroso pubblico presente, è stata anche l’occasione per riflettere sul rapporto tra istituzioni e iniziative “trasgressive” come questa. “Disobbedienze”, allora, nei confronti di chi? Storicamente, il problema era stato posto in un certo senso già nel ‘400, come è stato sottolineato, con gli affreschi senesi di Lorenzetti, che mettevano il “buon governo” a contrasto con il “cattivo governo”. Dopo l’unità d’Italia – è stato aggiunto da altri –sul tema si nota un primo stacco tra l’”obbedisco” di Garibaldi e il “credere obbedire combattere” di Mussolini. Ma il salto dall’altra parte ci sarà solo con la Repubblica e la parola d’ordine di Don Milani negli anni ’60, “l’obbedienza non è più una virtù”. In mezzo c’era stata la Resistenza e la Costituzione, con quel gioiello del secondo comma dell’art. 3, che dà anche a tutte le donne il compito di “superare gli ostacoli” posti da altri sul loro cammino. Esse – come indica una significativa scultura esposta nella mostra e ricordata da Simona Zava nella sua bella introduzione – hanno tutte il diritto di andare a riprendersi quelle ali che, con profonde ferite, vengono loro quotidiananente tagliate.