LA STORIA DEI COSTRUTTORI DI ORGANI A CANNE
La prima e più antica notizia riguardante gli organari montecarottesi la troviamo nella documentazione storica della Basilica di Loreto, ove compare il nome di “Frate Uliviero da Monte Carotto”, al quale furono effettuati dei pagamenti per la costruzione del primo grande organo del Santuario tra il 1511 ed il 1513.
Loreto era stata da poco elevata a città e vi si stava costruendo una basilica che sarebbe diventata uno dei più importanti santuari mariani nei secoli successivi. A Montecarotto c’era quindi un organaro prestigioso, che era stato chiamato a collaborare a quell’importante progetto con la sua opera. Quindi, Frate Giacomo Olivieri di Montecarotto (francescano conventuale, nato intorno al 1460 e morto nel 1517 nel convento di S. Francesco alle Scale di Ancona, dopo essere stato nel convento di San Floriano di Jesi) costruì il primo organo della Santa Casa di Loreto.
Lo strumento era collocato in una cantoria sopra l’ingresso della sagrestia di S. Marco (anticamente detta “della Tesoreria”, la prima a destra della S. Casa) e denominato organo “giuliano” perché costruito negli ultimi anni del pontificato di Giulio II. L’organo è andato purtroppo perduto; si conservano tuttavia le pregevoli portelle in tela, dipinte ad olio con la scena dell’Annunciazione, che ancora oggi si possono ammirare presso il Museo-Pinacoteca del Palazzo apostolico di Loreto.
Di Frate Oliviero risultano altri tre importanti organi costruiti per la chiesa di S. Francesco alle Scale di Ancona nel 1508, per la chiesa di S. Francesco di Osimo nel 1509 ed uno per la chiesa di S. Catervo a Tolentino nel 1510.

IL CURIOSO RACCONTO DE “IL PELLEGRINO”
Facciamo poi un salto in avanti nel tempo fino agli inizi del 1700, quando un curioso personaggio, che per ragioni di prudenza si definì “Il Pellegrino”, iniziò a compiere una sorta di Grand tour attraverso i paesi del contado di Jesi, descrivendone la vita e raccogliendone puntualmente le opinioni. La sera del 4 ottobre 1738, “Il Pellegrino” giunse al convento dei Frati Minori Osservanti di Montecarotto, dove si stava celebrando la Festa di S. Francesco d’Assisi, all’epoca venerato come uno dei patroni del paese. Nel racconto leggiamo: «[…] Viddi la Terra tutta circondata di forti muri, e torrioni piena di Abitanti non già Campagnoli, ma Artisti, anche Orologgiari, Organari, Archibugieri, Speziali, Geometri, senza nominare tante altre Arti inferiori alle nominate. E vidi finalmente una numerosa Cittadinanza, che vive di entrata, e veste, e cammina con la spada, e parla come fanno li Sig.ri Cittadini di Jesi […]». Certamente il nostro simpatico viaggiatore dovrebbe aver visitato la bottega di Don Benedetto Antonio Fioretti, venendo così a conoscenza di una delle eccellenze dell’economia montecarottese dell’epoca, vale a dire la costruzione di organi, tanto da indicarla nel suo racconto. Il Fioretti era anche conosciuto come costruttore di cembali.
LO SVILUPPO DELLA SCUOLA DI MONTECAROTTO
Grazie al canonico Don Benedetto Antonio Fioretti (1661-1739), si sviluppa a Montecarotto una vera e propria scuola, che introduce all’arte Lattanzio Guidotti di Porchia, Giuseppe Attili da Ortezzano, Saverio Vici (1713-1802) di Montecarotto e Angelo Albertini di Jesi. Saverio ed il figlio Sebastiano (1755-1830) continueranno la tradizione organaria trasmettendo l’arte all’allievo Angelo Morettini di Perugia, che proseguirà fino alla prima metà del secolo XX con il figlio Nicola. Ricordiamo anche altri due organari montecarottesi del 1700, Domenico e Bernardino Gasparrini, che dovettero essere stati colleghi di Don Benedetto Antonio Fioretti, ma non suoi allievi, incarnando un’autonoma attività organaria familiare. Poiché ci sono elementi tecnico-costruttivi e progettuali comuni, si potrebbe anche pensare che Domenico Gasparrini e Benedetto Antonio Fioretti, la datazione dei cui organi procede quasi in parallelo, discendano entrambi artisticamente da un comune maestro, di cui però non si ha finora alcuna notizia documentaria.

Nel panorama marchigiano del 1700-1800, la scuola organaria di Montecarotto rappresenta l’unica vera e propria “scuola”, un’entità cioè dove si configurano rapporti da maestro ad allievo tra soggetti non appartenenti alla stessa famiglia. Sono i suoi stessi componenti che la definiscono come tale: infatti, sulla valvola di un mantice dello strumento di Pianello di Ostra (AN) si legge “Adì 28 Luglio/ 1724 […] io princi/piai questi due/ mantici in Monte/Carotto sotto la/ Scola del Sig.r D./ Benedetto Ant.io/ Fioretti/ Io Angelo Albertini/ mano pp.”. Ad oggi, non ha ancora trovato risposta una domanda fondamentale per la ricostruzione storica completa della scuola organaria montecarottese, cioè se la tradizione fiorita (o rifiorita) verso la fine del Seicento con la “Scola” di Don Benedetto Antonio Fioretti possa essere collegata al precursore Frate Giacomo Olivieri.
SEBASTIANO VICI E LE PRINCIPALI OPERE
Merita una particolare attenzione Sebastiano Vici, per la sua monumentale produzione di organi a canne, tra la fine del 1700 fino alla sua morte avvenuta nel 1830. Era figlio d’arte ed aveva appreso i segreti della costruzione di organi dal padre Saverio. Sebastiano Vici, come in parte anche suo padre, fu profondamente influenzato dagli indirizzi estetici introdotti dall’organaro veneto (di origine dalmata) don Pietro Nakic, italianizzato Nachini, che nel 1740 costruì l’organo per la chiesa del convento di San Francesco a Montecarotto. Il principale allievo del Nachini fu Gaetano Callido, grande organaro che lavorò molto nelle Marche. Da sottolineare che Saverio e Sebastiano ebbero come concorrenti i due maestri veneti. Accadde che gli strumenti di Sebastiano Vici siano stati spesso erroneamente attribuiti a Gaetano Callido e viceversa. Nella sua bottega, di fronte alla Chiesa Collegiata della SS.ma Annunziata di Montecarotto, dove tuttora sorge un’abitazione privata, Sebastiano Vici creò una vera e propria scuola di organari, alla quale si formò, tra il 1818 e il 1820, il valente Angelo Morettini di Perugia, che ne esportò l’arte fuori regione. Tra le sue opere ricordiamo gli organi della Chiesa Cattedrale di Cingoli, della Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Senigallia, della Chiesa di San Crispolto di Bettona (PG), della Chiesa di S. Giuseppe ad Urbino, della Chiesa di S. Giorgio a Macerata, della Chiesa di S. Giovanni di Dio a Jesi, della Chiesa di S. Agostino a Fano e della Chiesa di S. Gervasio a Città della Pieve (PG).
